Parliamoci chiaro, piccoli conflitti in famiglia, nelle relazioni così come sul lavoro fanno parte della storia dell’uomo.
Tutti noi, pur facendo parte dello stesso ambiente, in quanto menti pensanti abbiamo opinioni su determinati argomenti e, spesso, queste possono essere differenti da chi abbiamo di fronte.
Se da un lato il confronto può essere costruttivo, in quanto sentire una campana diversa rispetto alla nostra sicuramente arricchisce, dall’altro la cattiva gestione dei conflitti, in particolare quando restiamo troppo fermi sulle nostre posizioni, porta sempre a piccoli grandi disastri preannunciati.
Per famiglia si intende un “nucleo sociale rappresentato da due o più individui che vivono nella stessa abitazione e, di norma, sono legati tra loro col vincolo del matrimonio o da rapporti di parentela o di affinità”.
Idealmente vivere e condividere dovrebbe portare i membri della famiglia a pensarla allo stesso modo in merito alla vita sia per le questioni importanti sia per gli atteggiamenti da assumere nella routine di tutti i giorni.
Sempre idealmente i figli, considerato che sono stati cresciuti nella famiglia, dovrebbe essere l’amalgama perfetta, la miglior sintesi possibile dei propri genitori.
Quindi, idealmente, in un ambiente famigliare i conflitti dovrebbero essere rasenti a zero, proprio perché viviamo e cresciamo in un ambiente comune dove tutti condividiamo le stesse opinioni.
Peccato che non sia così!
Se da un lato si “potrebbe perdonare” l’eventuale conflitto tra i genitori, anche se non genera mai qualcosa di salutare, poiché pur unendosi provengono da due “ambienti” differenti, è ben noto che nelle famiglie sono sempre esistiti e sempre esisteranno i conflitti generazionali, o meglio i conflitti tra genitori e figli, specie se questi ultimi si trovano in fase adolescenziale.
Tutti noi siamo alla costante ricerca di equilibri, anche in età adulta, e, a maggior ragione, un uomo o una donna che cresce raramente sa già chi è e qual è la sua collocazione nel mondo.
Comunicare in maniera efficace è certamente il primo passo, tuttavia questo non sempre basta.
Occorre qualcosa in più.
Il primo passo per gestire i conflitti, in qualsiasi contesto, è certamente instaurare un’ambiente che permetta la costruttiva espressione e circolazione delle idee al fine di promuovere l’ascolto attivo.
I “pellerossa” americani solevano dire “Prima di giudicare la vita di una persona, cammina per tre lune nei suoi mocassini”.
Ciò che spesso sfugge è che c’è sempre un motivo, cosciente o incosciente, che spinge chi che sia ad assumere determinate posizioni e atteggiamenti.
Comprendere l’altro equivale a mettersi nei suoi panni, stretti o larghi che siano.
Molte volte i conflitti nascono da semplici fraintendimenti, il silenzio pesa più delle parole e il non detto fa più danno del detto.
Per risolvere un conflitto e superarlo al meglio, rafforzando anche i rapporti, il modo migliore è sempre usare sia l’empatia sia l’intelligenza emotiva.
Dovremmo sempre ricordarci, in effetti, che quando nasce un conflitto, qualsiasi sia la sua gravità e in qualsiasi l’ambiente si sviluppi, ci sono sempre due o più parti che entrano in contrapposizione e una di queste parti desidera raggiungere un obiettivo o un desiderio che contrasta con gli obiettivi e i desideri specifici della controparte.
Costruire un clima di fiducia reciproca favorisce senz’altro gli scambi necessari per risolvere la conflittualità.
Come potremmo farlo, del resto, senza essere sintonizzati emotivamente e mentalmente con chi abbiamo davanti?
D’altro canto, però, possiamo essere ugualmente sereni, se la controparte alza muri sarà quasi impossibile risolvere qualsiasi conflitto.
Come agire se questo succede?
Partire dal concetto principe che siamo sempre noi gli artefici della nostra realtà non è semplice.
Come ci muoviamo nel mondo determina come viviamo.
I conflitti possono essere superati a patto che entrambe le parti vogliano farlo.
Quando troviamo muri abbiamo due sole scelte per stare bene: andarsene o restare.
Un altro aspetto interessante però a cui dovremmo prestare attenzione è che, i conflitti, dovrebbero essere presi di petto appena nascono e gestiti immediatamente.
Il conflitto è un tarlo che cresce nel tempo e più il tempo passa più si ingigantisce.
L’indifferenza non è mai l’arma migliore perché un giorno l’acqua farà traboccare il vaso e ciò che era un fuoco di paglia si trasformerà di certo in un incendio devastante.
Così, il lasciare andare, l’andarsene, non rappresenta quasi mai la scelta giusta, anche perché la controparte potrebbe leggere quest’atteggiamento come un tacito assenso.
Se decidiamo di restare, invece, e troviamo dall’altra parte un muro dobbiamo cercare di abbatterlo.
Per farlo ci sono tantissimi sistemi come l’utilizzo della Programmazione Neuro Linguistica.
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Franca Scuzzarella
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