In questi giorni sono in ospedale per un intervento di “manutenzione” relativamente al problema che tredici anni fa mi ha vista lottare per vincere la sfida contro il grande mostro: un cancro al seno.
Oggi posso parlarne e avere piena consapevolezza di ciò che è stato, cosa ha significato per me, come ne sono venuta fuori, ma non è stato sempre così.
Anche se la medicina ha fatto passi da gigante rispetto a questa patologia, quando si parla di cancro l’immaginario resta sempre quello di una malattia che ha le potenzialità per rubarti la vita.
E a cui le persone non sono mai preparate. Io non ero preparata quando ad un normale ritiro dell’esito di un esame mi sono sentita dire che avevo un cancro.
Il mondo mi è crollato addosso, ho pianto disperata per tutto il giorno: mi sono sentita così sola a combattere quella battaglia (perché di una vera e propria battaglia si tratta). Anche se intorno a me c’erano tante persone che mi volevano bene e sapevo mi sarebbero state vicine, mi è stato subito chiaro che gli altri non avrebbero potuto fare nulla per aiutarmi. Quella era una sfida a due: io e il cancro.
E mi sono vista troppo piccola, per farcela contro quel mostro subdolo che si era insinuato nelle mie cellule e che probabilmente se n’era andato a spasso indisturbato chissà da quanto tempo!
“Non preoccuparti, andrà tutto bene!” Chi non ha pronunciato questa frase andando a trovare un malato in ospedale o incontrando qualcuno che sta facendo i conti con il “mostro”?
Io me la sono sentita dire in continuazione, sin dalla prima telefonata a mia sorella dove la informavo di quanto stava succedendo. E ogni volta che me la sentivo ripetere, diventavo una iena. Sentivo che in quella frase c’era qualcosa che non mi aiutava, anche se non sapevo cosa.
Come cavolo avrei potuto fare a “non preoccuparmi”? C’era tutto di che preoccuparsi.
Un intervento che aveva devastato il mio corpo, una terapia che mi stava indebolendo ogni giorno di più e la paura, quella fottuta paura che non passava mai.
Ma un pensiero stava cominciando ad insinuarsi dentro: non so come, non so in quanto tempo, ma al “mostro” avrei dato una bella lezione. E così è stato.
Ti ho raccontato questo stralcio su una mia esperienza di vita (e prima o poi, ci scriverò un libro…) intanto per svelarti cosa c’era dietro quel “non preoccuparti” che sentivo così poco utile, così magari eviti di dirlo se dovessi imbatterti in qualcuno che sta vivendo una situazione simile a quella che ho vissuto io.
Ovviamente ci sono tantissime informazioni utili che posso trasmetterti dopo un’esperienza simile, per aiutarti se stai vivendo la stessa esperienza o se sei vicino ad una persona che sta “combattendo” la sua battaglia, ma magari lo farò in altri post.
Quando sono approdata alla Programmazione Neuro Linguistica ho capito cosa c’era in quel “non preoccuparti” che mi faceva imbestialire e che sortiva esattamente l’effetto contrario.
E’ quella particella “non” che sballa tutto.
Il nostro cervello non è capace di non pensare a qualcosa se non ci pensa: cioè per potermi negare un pensiero, prima lo devo fare e poi dirmi di non farlo.
Cioè prima mi preoccupo e poi quel “non” mi dice “Vabbè dai, adesso non è questo che devi fare…”
Ma avete idea di cosa significa per una persona che sta combattendo “quella” battaglia, dirgli attraverso una linguistica sbagliata, prima preoccuparsi e poi cancellare quel pensiero?
Gli hai spalancato una finestra su un immaginario disastroso: intanto perché si sta occupando prima (pre-occupando) di qualcosa che non sa neanche se succederà, ma che già si immagina e non certo a colori rosei e poi perché se anche il messaggio linguistico gli arriva completo e riesce a dirsi “Ok, non è questo ciò a cui devo pensare” ormai l’ha pensato.. l’ha fatto vedere al suo cervello, ha sviluppato chimica negativa alimentata da quei pensieri negativi che ha formulato e l’ha messa in circolo in tutto il corpo!
E questo lo potrà mai aiutare? Certo che no!
Ecco perché mi dava così fastidio sentirmelo dire, anche se non sapevo ancora perché.
E questo vale per tutti i “non preoccuparti” che pronunciamo in ogni circostanza, a noi stessi o agli altri.
Pensaci la prossima volta, prima di dirlo.
A proposito… è stata la PNL che mi ha dato gli strumenti per sconfiggere definitivamente il “mostro” che continuava a vivere dentro di me, anche se non era più rilevato dagli strumenti diagnostici.
E se vuoi scoprirli anche tu, a Settembre partecipa al nostro corso di Practitioner in PNL a Torino, dove imparerai ad utilizzare al meglio la tua linguistica e tutti gli altri strumenti del cambiamento, che ti permetteranno di sviluppare una nuova attitudine.
Franca Scuzzarella
info@pnlbenessere.it
3332805239
Franca grazie per la grande emozione che ho provato leggendo la tua esperienza. Si sente che quello che insegni l'hai vissuto su di te. Grazie per condividere quello che hai imparato con gli altri e per dimostrare che se si vuole un modo lo si trova
Grazie a te Elena per il tuo contributo. Sono convinta che quando si può portare contributo agli altri sia un dovere farlo. Per questo scrivo...