Lo facciamo inconsapevolmente, in continuazione: quando piove per troppo tempo o quando non piove da troppo tempo, quando siamo in coda in autostrada per un incidente (invece che ringraziare di non essere noi la causa di quella coda) o quando l’impiegato dell’ufficio di turno ci mette cinque minuti in più per chiuderci la pratica.
Quando un contrattempo ci impedisce di fare quello che avevamo in mente o quando riusciamo a fare nella giornata quello che avevamo in mente ma non ci sembra mai abbastanza.
Quando il nostro compagno ci trascura e quando invece ci sta con il fiato sul collo, quando dichiariamo che siamo stufi di stare in dieta e quando invece ci diamo degli incapaci per esserci abbuffati ancora una volta..
Insomma sembra che per gli esseri umani trovare motivo per non lamentarsi sia davvero difficile!
Io mi chiedo spesso solo questo: a cosa serve lamentarsi?
Che dopo un bel piagnisteo magari collettivo (eh sì, perché trovare da far comunella quando è ora di lamentarsi è la cosa più semplice di questo mondo) ci sentiamo meglio?
Che dopo aver messo in piazza il nostro malcontento il problema o la situazione che ci turba, magicamente si risolve?
Magari fosse così, allora mi verrebbe da dire: “Facciamo dei bel talk show a livello mondiale, dove ognuno può fare pubblicamente l’elenco delle sue lamentele così da vederle risolvere come per incanto!”
Scherzi a parte, non credo che rimanere sul piano del lamentarsi possa in qualche modo esserci utile.
Partendo dal presupposto che la PNL (e insieme a lei tante altre teorie) dice che quel che cerchi trovi, forse bisognerebbe fare un passo indietro e andare a capire cosa ci sta prima della lagnanza.
Qui entra in gioco l’abilità (che in questo caso non è poi utile per niente) del nostro cervello di generalizzare.
Perché ci lamentiamo? Ci lamentiamo perché qualcosa che ci succede o che viviamo o vediamo non ci piace, ci va stretto.
Può essere che sia una situazione ben precisa della nostra vita, il lavoro che non gira come vorremmo, la salute che fa i capricci, il figlio o la figlia con cui facciamo fatica a comunicare, il bilancio a fine mese che di questi tempi è difficoltoso per molti, insomma una situazione circoscritta ci genera una sensazione di disagio di cui ci sentiamo autorizzati a lamentarci.
Poiché il nostro cervello, aiutato dal nostro inconscio, abilmente generalizza e prende quella sensazione come colonna sonora del discorso, si tende a vedere poi il mondo con il filtro del lamento.
Ci potranno essere tante situazioni positive nella nostra vita ma concentrando l’attenzione su ciò di cui lamentarsi, si finisce per dare quella direzione a tutto il resto.
Spesso le persone hanno una visione un po’ confusa dell’insieme della loro vita, classificandosi spesso come sfigati quando le cose non vanno secondo le loro aspettative.
E da questa posizione si sentono assolutamente autorizzati a lamentarsi di questo o di quello, pensando che sia più un problema di fortuna o sfortuna quello che dà una direzione alla loro esistenza.
Sentendosi intrappolati in questo destino avverso, fanno fatica a dare una direzione positiva, propositiva e creativa alla loro vita.
E per creativa intendo proprio la possibilità di crearsela la propria vita, accettando le situazioni che possono capitare e che rendono la vita quel viaggio affascinante che deve essere.
Non ci possono accadere solo cose positive, non è questione di fortuna o sfortuna, è questione di imparare ad accettare l’alternanza dei momenti, facendone tesoro per il futuro.
Lamentarci se qualcosa va storto, se la vita ci ha teso uno sgambetto, è come dire di non accettare l’insegnamento che quella difficoltà ci sta portando, l’arricchimento che ne deriverà a lungo termine.
E’ utile re-incorniciare gli eventi che nella vita ci hanno procurato sofferenza, fastidio, noia.
Re - incorniciare in PNL significa dargli una connotazione di tipo diverso rispetto a quello che potrebbe essere la valutazione dell’evento fatta a caldo.
Ad esempio re-incorniciare quella volta che mi sono lamentata per la mancata stima dimostratami in ufficio per un lavoro svolto, rivedendola come l’opportunità di sviluppare un referenziale interno che sappia valutare la validità del mio lavoro, invece che dipendere sempre da quello che dicono gli altri, mi aiuterà in futuro a sfruttare quella risorsa per essere in grado di saper valutare da sola se quello che sto facendo è ben fatto.
Vista in quest’ottica, la giustificazione a lamentarsi sembra sciogliersi come neve al sole.
E se allora lamentarci non è utile, giacché non modifica nulla di quanto vorremmo, perché lo facciamo?
Lo scopriremo nel prossimo post
PNL: scopri perchè ti lamenti e smetti di farlo
Franca Scuzzarella
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Ho capito che ho sprecato anni a commiserarmi con i rimpianti... Ora a 50anni voglio. Esigo di vivere. Ma anche se lo capisco...a volte ripeto lo stesso schema. Grazie